Laura Pausini

Giovedì, 06/10/22

Ultimo aggiornamentoSab, 08 Ago 2015 4pm

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Trionfo per Laura Pausini a Sansiro

Un segno dei tempi? Sta di fatto che per la prima volta San Siro, per definizione tempio del rock "maschile", è stato riempito non solo da un artista che è donna, e lo sottolinea a ogni momento («Il concerto» ha detto, «lo dedico a mia nonna, a Antonella e alle donne che hanno due palle così», utilizzando per l'occasione un'espressione che più maschile di così non si può), ma soprattutto da un'artista che non è in alcun modo rock. E' anzi pienamente, mellifluamente, melodicamente pop.

Analogo stupore lo provocò anni fa Madonna, ma in confronto al trasgressivo battito iperdance dell'americana, i pelouche e gli amori "normali" della Pausini sembrano una festa in parrocchia. Normalità, appunto, assoluta e conclamata, sebbene con felice verve tutta romagnola, ed è il segreto del suo successo. L'amore indiavolato da cui è circondata, e che nella festa di San Siro è diventato un boato, equivale alla più classica delle proiezioni. Lei è una del pubblico, niente affatto irraggiungibile, è esattamente come la valanga di ragazzine che sotto gli ombrelli cantavano tutte le sue canzoni dall'inizio alla fine, tentando di seguirla anche nel suo accurato multilinguismo, in spagnolo, francese e portoghese, come in un gigantesco karaoke europeista. La normalità del suo pubblico ha fatto il giro del mondo, l'ha sospinta verso il successo planetario ed è vero che dei suoi fan è amica e consigliera. Tutte le notti chatta con loro, e la Antonella a cui è stato dedicato il concerto era una sua fan, barbaramente assassinata dal convivente della madre.

Che grinta, comunque, la pioggia se l'è beccata tutta anche lei, indomita, agguerrita, strillona, ben decisa a non farsi rovinare la festa in alcun modo, come un'adolescente al primo ballo dei 18 anni. Certo non bastavano un po' di rovesci, non bastava il comitato di quartiere con le sue proteste anti-rumore, non bastava il preconcetto che vuole sfavoriti i poppettari versus rockettari. In settantamila erano lì, a cantare La solitudine, Io canto, La prospettiva di me, Non me lo so spiegare (in duetto con Tiziano Ferro), Emergenza d'amore, alcuni medley con canzoni di Zucchero, Battisti (in spagnolo), Aznavour, Ivano Fossati e Pino Daniele.

Grande festa degli amorazzi giovanili, con conseguenti malinconie e strazianti struggimenti di cuore, in un palco gigantesco, tecnologicamente avanzato, con proiezioni vertiginose, ricche di cieli, paesaggi, umanità in cammino, acque scure e tempestose, come se sentisse il bisogno di riportare l'inevitabile microcosmo delle canzoni a un possibile macrocosmo. Unica caduta i momenti in cui dagli schermi veniva fuori il doppio patinato e benvestito della Pausini, incorniciata come la modella di un ipercatalogo di bisogni giovanili. Dopo averci visto Marley, Springsteen e Vasco, fa un effetto straniante vedere S. Siro riempito da così pulite e normalizzanti melodie. E fa effetto ascoltare, quando gli schermi hanno mandato uno strano videoclip "recitato", una frase come "fai quello che sei". Probabilmente involontaria come citazione, ma la frase era il motto del controverso esoterista Aleister Crowley che tanto ha affascinato il rock, in particolare i Led Zeppelin, e che compare anche nel pantheon di facce che circonda i Beatles nella copertina di Sgt. Pepper.

Fonte: www.kataweb.it

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